Il 20 e 21 ottobre 2017, l'Unione Religiosi della Turchia ha organizzato un importante meeting tra i religiosi e i vescovi cattolici presso il convento dei francescani di Sant'Antonio a Istanbul. Erano presenti anche le nostre suore con Madre Palma. È stato un vero momento di comunione tra i consacrati i loro superiori maggiori e i vescovi. La chiamata ricevuta dall'URT nel giugno 2015 “Uniti tra noi e con gli altri per essere segno del Regno” ha trovato un terreno fertile e l’unità a poco a poco è diventata realtà. Nelle celebrazioni si è reso grazie a Dio per tutto quello che la Chiesa in Turchia ha vissuto sino ad oggi, si è pregato perché la comunione e nella fraternità crescano sempre più.
Il messaggio dei vescovi ai religiosi è stato particolarmente toccante. Essi hanno invitato i religiosi a testimoniare la radicalità del vangelo attraverso i loro voti. A porre al primo posto gli interessi di Cristo e della sua sposa la Chiesa dimostrandosi creativi nel modo di vivere il proprio carisma, a rinnovare le modalità con cui si trasmette il messaggio del cristianesimo, a costruire ponti, a cooperare con le iniziative della CET e dei vescovi, ad aprirsi verso gli altri, a costruire relazioni solide con gli abitanti del paese in cui si vive, a rinforzare la fede dei credenti in difficoltà, specialmente i rifugiati.
Una Chiesa piccola, ma viva, aperta e coraggiosa. Grazie a Dio.
Desideri e attese dei Vescovi latini a riguardo dei religiosi/e in Turchia
URT - 20 ottobre 2017, Istanbul
Tre premesse:
- anzitutto siamo grati per la vostra presenza in Turchia, senza la quale noi vescovi potremmo operare ben poco; conosciamo la vostra fedeltà ad una missione non semplice, che ciascuno dei vostri istituti religiosi porta avanti con sacrificio;
- siamo anche noi dei religiosi, quindi comprendiamo bene le difficoltà tipiche di chi deve da una parte essere fedele al suo carisma particolare e nello stesso tempo deve far fronte a molte necessità della chiesa locale;
- certo bisognerebbe distinguere, nel nostro discorso, i religiosi dalle religiose, perché ci sono problematiche diverse su alcuni aspetti. Purtroppo non abbiamo il tempo per fare due discorsi distinti, ma vogliamo sottolineare che le religiose spesso sono più capaci di vincere le tentazioni dell’individualismo e hanno molto fervore nella conduzione delle loro opere.
Desideri e attese:
- la prima cosa bella che un vescovo si attende dai religiosi presenti nel territorio di cui ha la responsabilità, è la testimonianza di una vita segnata dalla radicalità evangelica. Su questo punto anche il Papa non cessa di richiamare l’attenzione. Proprio perché viviamo in un mondo secolarizzato, dove il consumismo alimenta l’ateismo pratico, la testimonianza di una vita incentrata su un rapporto personale con Gesù Signore e sul servizio al prossimo, è specialmente preziosa.
- Quindi vi chiediamo di vivere in modo sempre più profondo e credibile il vostro impegno per una vita semplice, come quella della gente di bassa condizione sociale. Sarebbe strano infatti che chi fa voto di povertà, avesse poi vitto e alloggio sempre garantiti, l’auto a disposizione, un mese di vacanze, viaggi per visitare gli amici ecc. Questo è uno standard di vita, soprattutto a riguardo dell’uso del tempo, che nemmeno manager di alto livello possono permettersi. L’idolatria della sicurezza economica – ha affermato di recente Papa Francesco – è il più grosso ostacolo ad una vita religiosa credibile.
- Parimenti la scelta di una vita celibato, dovrebbe aumentare la capacità affettiva di voler bene alla gente di questo paese, soprattutto a chi è più solo e ferito dalle dure vicende della vita. Il voto di castità non può essere interpretato solo come la mancanza di un partner: quando è autentico, aiuta a canalizzare tutte le spinte affettive e sessuali verso un amore aperto a tutti, più capace di con-patire e con-gioire. Forte è il pericolo di scadere in una vita da single, autocentrati, anziché persone che coltivano solide relazioni con le persone di questo territorio. I Turchi conosceranno la bellezza del Cristianesimo anzitutto vedendo quanto noi abbiamo a cuore le persone e la vita di questo paese. Riteniamo anche di mettere in guardia dal coltivare troppe relazioni via web con gente di altri paesi: impedisce di incarnarsi seriamente in Turchia.
- Il voto di obbedienza non può limitarsi ad un passivo stare là dove il/la superiore/ra hanno destinato. L’obbedienza evangelica è continua docilità a seguire lo Spirito santo che lavora nel cuore delle persone di questa nazione: dobbiamo metterci in ascolto del Maestro interiore per una nuova evangelizzazione, che non è proselitismo, ma capacità di rendere ragione della propria fiducia e speranza in un modo spesso sfiduciato, sospettoso, chiuso. Questo è indispensabile soprattutto verso coloro che hanno perso tutto come molti rifugiati.
- In secondo luogo, si richiede dai religiosi/se in Turchia di mettere al primo posto gli interessi di Cristo, come dice s. Paolo ai Filippesi (2,21), e quelli della Sposa per cui Lui ha dato la vita, cioè la Chiesa. Per questo bisogna vigilare affinché non si guardi anzitutto agli interessi del proprio istituto o comunità. Nei vari luoghi dove si è presenti, le persone, molto spesso, hanno solo la comunità dei religiosi/se come mediazione per conoscere la chiesa cattolica! È una grossa responsabilità a cui attenersi con scrupolo, più che in altre parti del mondo.
- I religiosi/se, in terzo luogo, forti di una carisma particolare, dovrebbero essere all’avanguardia nel cogliere i bisogni della gente e quindi nella creatività, indispensabile al giorno d’oggi. Non ci si può limitare a dispensare sacramenti e celebrare in modo anonimo messe e liturgie. Anche tra quelli che frequentano le nostre chiese, alcuni sono “lontani” nel cuore e nella prassi dal vivere il Vangelo, e il Concilio Vaticano II non è stato ancora recepito in pieno, in terra di Turchia (come in altre nazioni del resto!).
- Si impone il trovare nuove modalità per far conoscere il Cristianesimo, un grande sconosciuto in questo paese, di cui si parla per sentito, molto spesso. Perciò è necessario incrementare la produzione di sussidi cartacei, di siti web, di occasioni per incontrare la gente, che non di rado è ancora curiosa di conoscerci. Il mondo di internet poi, è una via oggi privilegiata per far arrivare - soprattutto ai giovani - messaggi, informazioni, segnalando occasioni per incontrare Gesù Cristo. Perché non creare siti web specifici per chi si affaccia timidamente a conoscere il nostro mondo?
- Proprio perché noi religiosi/se proveniamo quasi tutti da nazioni straniere, dobbiamo farci ambasciatori/trici di questa paese che ci accoglie cordialmente. Bisogna costruire “ponti”, coinvolgere le chiese locali da cui proveniamo, senza limitarsi a “stare” in questo paese: in questo modo offriremo occasioni di arricchimento agli uni e agli altri.
- Infine è indispensabile la collaborazione cordiale con le iniziative promosse dalla CET e dai singoli Vescovi: senza collaborazione finiremo per legare le persone a noi o alla nostra casa, anziché aiutarle ad essere cattoliche.
E vale sempre la parola di Gesù per cui ci riconosceranno come suoi discepoli dall’amore che avremo gli uni per gli altri.
+ Lorenzo, + Paolo, + Ruben