Da un po' di tempo ormai avevo il desiderio di intraprendere un viaggio in Africa: le fotografie e i racconti di chi già ci era stato avevano fatto nascere in me una forte curiosità verso un luogo tanto lontano e diverso dalla mia realtà. E così, quando la mia amica Lucia mi ha proposto di partire insieme per un'esperienza di volontariato in Kenya, non ho avuto bisogno di pensarci più di tanto ed ho accettato.
Ci siamo rivolte alle Suore di Carità dell'Immacolata Concezione, Congregazione nata a Rivarolo e composta da varie "famiglie" sparse in tutto il mondo; la madre superiora, suor Salome, di origine keniota, ci ha aiutate ad organizzare il viaggio e ha tenuto i contatti con le sue consorelle africane.
Il 29 luglio ha avuto inizio la nostra avventura! Giunte a Rakwaro, un piccolo villaggio situato a una trentina di chilometri dal Lago Vittoria, siamo state accolte molto calorosamente dalle Ivrea Sisters (così vengono chiamate in Kenya). Siamo state ospitate da loro per le due settimane della nostra permanenza, durante le quali abbiamo preso parte alle attività quotidiane della comunità: abbiamo aiutato a sistemare e riordinare medicinali al dispensario farmaceutico, gestito, insieme all'ambulatorio, da alcune delle sorelle; siamo state alla scuola materna del villaggio; abbiamo collaborato nelle faccende domestiche, in casa e in giardino; abbiamo trascorso alcuni pomeriggi con i bambini e i ragazzi che si riuniscono nei locali della parrocchia per il catechismo e il gioco tutti insieme. Il tempo passato con i giovani e i giovanissimi di Rakwaro è stato molto divertente, perché erano davvero incuriositi da noi e dalla nostra diversità, ci osservavano e ci toccavano diffidenti e con cautela; poi, una volta rotto il ghiaccio, abbiamo giocato e riso parecchio.
Abbiamo anche avuto modo di partecipare alla messa domenicale, un po' diversa da quelle a cui siamo abituati in Italia: è infatti caratterizzata da numerosi canti molto gioiosi che vengono accompagnati da passi di danze tipiche, eseguiti dal coro stesso e da gruppi di bambini che per così dire si esibiscono nella navata centrale. Anche l'assemblea è molto coinvolta nella celebrazione, e dà il suo contributo tenendo il ritmo con le mani e "ballando" sul posto.
Non sono mancati alcuni brevi viaggi alla scoperta del territorio. Innanzi tutto abbiamo visitato altre due comunità di Ivrea sisters, presenti a Macalda e a Kadem, poco distanti da Rawkaro; anche lì ci sono scuole materne, dispensari, ambulatori e perfino un orfanotrofio per bambini da 0 a 3 anni. Siamo poi state al Lago Vittoria; abbiamo visto le cave d'oro nei pressi di Macalda; a Tabaka abbiamo assistito all'affascinante processo di lavorazione di particolari pietre chiamate "soapstones", usate per realizzare oggetti e souvenir di tutti i tipi.
I giorni che mi sono piaciuti di più, però, sono stati quelli in cui siamo andate a trovare alcune famiglie della zona. Entrando nelle loro case e nelle loro vite, abbiamo avuto il privilegio di venire a contatto con le abitudini e le usanze tipiche di questa terra. La cosa che ho apprezzato particolarmente, e che ho notato in tutti i casi, è stata l'ospitalità con cui queste persone ci hanno accolto: nonostante l'umiltà e la semplicità delle loro abitazioni (spesso capanne di fango) e delle loro condizioni di vita, siamo state trattate con gentilezza e con riguardo, anche se eravamo solamente delle straniere che accompagnavano le sisters nelle loro visite: "Asante Sana" ("Tante grazie") è la frase che ci siamo più spesso sentite rivolgere durante queste visite, senza aver noi dato nulla, ma anzi ricevendo qualcosa.
Due settimane sono passate in fretta, e in un attimo è arrivato il momento di lasciare l'Africa e salutare coloro i quali avevano condiviso con noi un pezzo di vita. è stato difficile e doloroso andare via, poiché in Kenya ci siamo sentite benvolute, apprezzate e accolte come in una famiglia, senza dimenticare le risate e i momenti di confronto che ci sono stati con le sorelle e con gli abitanti di Rakwaro.
L'ultima tappa del nostro viaggio è stata Nairobi, dove abbiamo soggiornato due giorni prima di ripartire per l'Italia, ospitate da un'altra comunità di Ivrea Sisters. Qui abbiamo vissuto l'esperienza che mi ha segnato di più in assoluto: la visita ad uno dei tanti slums della città. La sporcizia, la polvere, le lamiere; i bambini con i vestiti sporchi e strappati che sorridevano e giocavano, nonostante tutto; le baracche misere e puzzolenti; la povertà dilagante... Tutto questo a pochi passi da grattacieli, centri commerciali e hotel di lusso. Sono immagini che difficilmente dimenticherò; immagini che fanno male, ma portano anche a riflettere. Tante volte non sono contenta della mia vita e mi lamento di cose veramente futili e insignificanti, se paragonate alla situazione e ai problemi che abbiamo trovato nella bidonville. Le Sisters, che ci hanno accompagnato, ci hanno raccontato che si recano spesso nei sobborghi per aiutare come possono, portare conforto, offrire una preghiera e un po' di compagnia. Ho trovato davvero notevoli e sorprendenti la loro forza d'animo e il loro coraggio nell'affrontare tali disagi.
Decisamente cambiate e con nuove consapevolezze, abbiamo fatto ritorno nelle nostre case.
Di questa esperienza mi porterò dentro molto... Il calore umano delle persone che abbiamo incontrato, le quali ci hanno fatto sentire a casa a prescindere dalla quantità di tempo trascorsa insieme; le risate e gli abbracci dei bambini con cui abbiamo giocato, cantato e scherzato; la gioia e la dedizione che le sisters mettono in tutto ciò che fanno.
Ho imparato a ridimensionare problemi e difficoltà: cercherò sicuramente di gioire un po' di più per quello che ho e di dare meno peso a ciò che mi manca.
Per questo, da parte mia consiglio molto vivamente un viaggio del genere: apre gli occhi su una realtà controversa e affascinante, fa bene al cuore e aiuta anche a migliorare il rapporto con la propria fede.
Se ne sente parlare molto, e non vorrei cadere nel banale, ma penso di poter dire che il famoso "Mal d'Africa" esista davvero: ancora non si è andati via, e già si sente la nostalgia per quei luoghi, quelle persone, quell'atmosfera...
E dunque, arrivederci Kenya, e "Asante sana!"
Virginia Vicario